Personologia e grafologia dell’infanzia

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Personologia e grafologia dell’infanzia

Sin da giovanissimo Girolamo Moretti ha naturalmente manifestato la sua inclinazione ad interessarsi della natura umana, provando a descriverla così come lui la vedeva incarnata in ciascun individuo, per indagare come questi a sua volta la esprimesse e relazionasse.

Faceva ciò sia con l’osservazione diretta della persona fisica, sia tramite l’osservazione dei comportamenti ed espressioni, tra i quali la scrittura.
Sin dall’inizio delle sue pubblicazioni, l’esplorazione della personalità si è caratterizzata per il suo intento di comprensione nel senso più vasto del termine: dagli aspetti fisici a quelli psicologici, dalle dimensioni coscienti a quelle inconsce, dall’identità attuale alle strutturazioni psichiche che le esperienze hanno comportato nel tempo.

Trattandosi di un intuitivo, peraltro dal carattere non sempre facile, i suoi collaboratori hanno faticato non poco a convincerlo a mettere per iscritto ciò che a lui appariva chiaro ed immediato. Per lui era ovvio che una grafia spontanea e ben padroneggiata fosse espressione di tutti gli aspetti dello scrivente, tanto da rimanere stupito, agli inizi, che ciò non fosse palese per tutti.
Ben presto si dovette accorgere di avere capacità non comuni e, tempo dopo, accorgersi che il suo assunto iniziale per il quale fossero passibili di indagine grafologica solo scritture spontanee e ben padroneggiate potesse costituire una limitazione arbitraria e comunque troppo severa. In seguito a numerose sollecitazioni e non senza ritrosia, nel 1947 Moretti pubblicò il volume Grafologia Pedagogica. Negli anni precedenti aveva sempre espresso la sua convinzione che la non piena acquisizione e padronanza del gesto grafico costituisse motivo pregiudizievole allo svolgimento di una corretta analisi grafologica. Altrettanto pregiudizievolmente, in linea col pensiero dominante del suo tempo, considerava i bambini come persone incomplete e quindi non ancora chiaramente e compiutamente manifestati e presenti, sia nel corpo, sia nella psiche, sia conseguentemente in tutte le loro manifestazioni, compresa quella grafica
Ritenne quindi che l’indagine grafologica potesse essere svolta solo parzialmente, tramite l’utilizzo contingentato di segni e categorie, da ampliarsi in maniera direttamente proporzionale con l’aumento dell’età del bambino stesso. Conseguentemente, individua una corrispondenza diretta tra aumento dell’età ed aumento dei segni che si manifestano e quindi si rendono disponibili all’analisi.
In particolare, fornisce quattro linee direttive principali:

  1. La mancanza di spontaneità del gesto grafico, tipica dei bambini di prima elementare, rende praticamente impossibile svolgere qualsivoglia analisi grafologica;
  2. La progressiva padronanza del gesto che si manifesta in seconda elementare permette di considerare elementi quali calibro e larghezza tra parole;
  3. In terza elementare è possibile considerare la Triplice Larghezza, l’inclinazione assiale specie nei segni Contorta e Sinuosa, nonché Parca, Chiara, Mantiene il Rigo;
  4. In quarta e quinta il deciso aumento della spontaneità grafica rende ancor più agevole il lavoro del grafologo, potendo quest’ultimo apprezzare anche l’eventuale presenza di altre manifestazioni grafiche quali Fluida, Lenta, Tecnica, Contorta, Disuguale Metodicamente, Disordinata, Uguale.

La perplessità di Moretti circa la possibilità di condurre una buona analisi grafologica non si esauriva con la conclusione del ciclo elementare, in quanto anche nel ciclo delle scuole medie vedeva il persistere di carenza di assestamento grafologico personale.

Ricapitolando le mie personali impressioni sulla figura di Moretti sin qui accennata in merito alla interpretazione del gesto grafico nell’infanzia, direi che campeggiano tre qualificazioni: capace, timoroso, pregiudizievole.

Ovviamente capace, senza se e senza ma. Timoroso di non saperlo fare, di non farcela. Viziato da alcuni pregiudizi e stereotipie tipiche del suo tempo.

Mi piace quindi, non potendolo fare direttamente, rivolgere al Moretti una ideale sollecitazione circa le tre impressioni di cui sopra. Ed essendo lui un Frate Minore Conventuale, farlo passando tramite un linguaggio a lui consono: quello biblico di Esdra, Timoteo e Filemone.

16 Noi facciamo sapere al re che, se questa città si riedifica e le sue mura si rialzano, tu non avrai più possessi da questo lato del fiume’. 17 Il re mandò questa risposta a Rehum il governatore, a Scimshai il segretario, e al resto dei loro colleghi che stavano a Samaria e altrove di là dal fiume: ‘Salute, ecc. 18 La lettera che ci avete mandata, è stata esattamente letta in mia presenza; 19 ed io ho dato ordine di far delle ricerche; e s’è trovato che fin da tempi antichi cotesta città è insorta contro ai re e vi si son fatte delle sedizioni e delle rivolte. 20 Vi sono stati a Gerusalemme dei re potenti, che signoreggiarono su tutto il paese ch’è di là dal fiume, e ai quali si pagavano tributi, imposte e pedaggi. 21 Date dunque ordine che quella gente sospenda i lavori, e che cotesta città non si riedifichi prima che ordine ne sia dato da me. 22 E badate di non esser negligenti in questo, onde il danno non venga a crescere in pregiudizio dei re’. (Esdra, Luzzi/Riveduta, http://www.laparola.net).

Qui il termine pregiudizio è usato con accezione diminutiva di un bene, un diritto che potrebbe vedersi ridotto, danneggiato. Proprio come è accaduto a Moretti, il cui pregiudizio, in questo caso con accezione di formae mentis, ha sminuito e ridotto la sua capacità di operatività grafologica.

Ma la Bibbia ci offre l’occasione di riflettere anche su un’altra accezione del termine:

Io ti scongiuro davanti a Dio, al Signore Gesù Cristo e agli angeli eletti, che tu osservi queste cose senza pregiudizio, non facendo nulla con parzialità. (1 Timoteo 5:21, http://www.laparola.net).

E questo è un tema sul quale Moretti si è dimostrato particolarmente sensibile e attento, poichè molto ha insistito su quanto sia pregiudizievole per la salute umana la frammentazione, parzialità, divisione, scissione, al punto da dedicarvi un intero libro: Scompensi anomalie della psiche e Grafologia.

Infine, mi piace concludere questa ideale sollecitazione al maestro invitandolo verso quella stessa direzione che lui tanto auspicava nelle grafie:

Ma non ho voluto far nulla senza il tuo parere, perché il bene che farai non sapesse di costrizione, ma fosse spontaneo. (Filemone 14, C.E.I./Gerusalemme, http://www.laparola.net).

Il pregiudizio ha indotto Moretti a ritenere i bambini e i loro comportamenti grafici non sufficientemente evoluti per poter essere adeguatamente e agevolmente compresi. Se avesse guardato spontaneamente, li avrebbe visti! Senza fatica.

A volte mi sono chiesto che cosa avessi fatto se avessi avuto la possibilità di incontrare Moretti. Di primo acchito gli avrei chiesto: Ciao Girolamo, mi dici qualcosa di me? Ho qui la mia scrittura. Per poi rendermi conto che la mia richiesta sarebbe stata al contempo onesta e pregiudizievole.
Onesta perché l’avrei invitato ad una procedura di cui sarebbe stato capace.
Pregiudizievole perché la domanda, per come stata posta, avrebbe implicato che lui per poter dire qualcosa circa la mia persona, avrebbe avuto bisogno di guardare la mia scrittura. Per accontentarmi poteva esaminare la mia grafia, ma avrebbe potuto farlo anche attraverso molte altre modalità percettive ed osservative circa il mio corpo, movimento, timbro di voce, ecc. Senza farlo apposta, lo avrei indotto ad attingere alle sue capacità in maniera orientata quindi limitata, parziale, disintegrata come forse avrebbe detto lui.
E allora riformulerei la mia richiesta in maniera più libera e utile: Ciao Girolamo, mi dici qualcosa di me di cui non mi accorgo? Perché una risposta in tal senso mi aiuterebbe a diventare una persona più integrata e quindi migliore. E io lo ricambierei facendogli notare una serie di stereotipie nelle sue analisi piuttosto che incongruenze nell’esposizione di alcuni temi in opere diverse. A quel punto, probabilmente, mi liquiderebbe dicendomi che di queste cose se ne occupa il buon Luisetto e che sarebbe bene che mi affrettassi a rivolgermi a lui ….

Allora comprenderei che potrei ricambiare piuttosto con qualcosa a lui maggiormente congeniale sia per tema che per inclinazione: “Non avere paura!” (Giovanni Paolo II°).