Io sono Iron Man, l’uomo di ferro con il cuore fragile

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Io sono Iron Man, l’uomo di ferro con il cuore fragile

Iron Man, come molti ben sanno, è il primo capitolo di una trilogia che va ad inserirsi nel più ampio universo Marvel (MCU- Marvel Cinematic Universe), dove eroi ed antieroi danno vita ad una continua lotta tra bene e male, fino a mettere in discussione cosa possa essere buono e cosa malvagio.

 

Iron Man, all’anagrafe Tony Stark, è un «genio miliardario, play boy, filantropo», per citare le sue stesse parole, un uomo brillante, famoso per il suo successo con le donne e amante delle belle cose. Una vita apparentemente perfetta, peccato che sarà proprio questa la sua fonte più grande di sofferenza, le cui origini non sono da cercare molto lontano.

 

Quello che infatti scopriamo, anche grazie al film Iron Man 3 e alla tecnologia RIMBA, è un adolescente con un padre estremamente critico e severo nei suoi confronti: “Puoi non incendiare la casa prima di lunedi?”, “Dicono che il sarcasmo sia un mezzo per misurare il potenziale, fosse vero un giorno diventerai un grande uomo” da un lato, e con una madre che cerca di smorzare i toni e spiegare al figlio come il padre gli voglia bene dall’altro. Ma purtroppo non basterà tale premura ad evitare quella sensazione di non amabilità e di non essere mai abbastanza agli occhi di suo padre, distante non solo sul piano fisico ma anche e soprattutto emotivo, creando un vuoto che una volta adulto cercherà di colmare con le cose materiali. A tutto ciò si aggiunge anche il senso del dover essere a tutti i costi all’altezza di Stark padre che ha collaborato a sconfiggere i nazisti e lavorato al progetto Manhattan motivi per cui molta gente lo considera un eroe, senza minimamente considerare gli sforzi che un tale compito richieda, fonte di ulteriore stress e frustrazione.

 

Ne deriva che, per evitare di entrare in contatto con questa sofferenza, Tony, una volta adulto evita qualsiasi coinvolgimento di tipo emotivo, che lo porta a sedurre ogni sera una donna diversa, una strategia che potremmo definire prudenziale e che mette sistematicamente in atto con l’obiettivo di non amare nessuno, creando uno stato interno di sicurezza che lo rende immune dal contatto con il suo senso di inferiorità. Tony è alla continua ricerca di autogratificazione e successo, si circonda di donne che dimenticherà appena usciranno dal suo letto, non vuole relazioni serie e stabili. Tutto ciò lo porterà a costruirsi l’immagine sociale del play boy, così da essere riconosciuto dagli altri in questo status di successo dove è indiscusso il suo talento. Come non citare il famoso aneddoto del suo «dodici su dodici» con le modelle di copertina di Maxim, anche se lui ci tiene a precisare che ha avuto un conflitto di agenda con Miss Marzo ma sulla copertina di natale c’erano due gemelle.

Si può dire che utilizza la seduzione in modo narcisistico, cioè per compensare il senso di non valere abbastanza e poter essere ammirato e riconosciuto dagli altri e forse per essere considerato degno di stima e amore dallo stesso padre.

 

Sebbene Tony sembra essere riuscito a proteggersi dalla sua emotività tirando su un muro tra sé e gli altri, anche i muri più solidi sono destinati a crollare. Basterà infatti una serata di beneficenza a renderlo consapevole del complotto responsabile non solo del suo rapimento avvenuto mesi prima ma anche della vendita illegale di armi ai terroristi da parte della sua azienda precedentemente chiusa da lui. Il culmine di insight tuttavia si avrà solamente quando scoprirà che Obediah Stane, che dopo la morte di suo padre era stato per Tony collega e mentore, ha presentato l’ingiunzione contro di lui per allontanarlo dall’azienda per prendere il controllo di questa, e sarà proprio questa amara scoperta a determinare la trasformazione di Tony Stark in Iron Man, non più «un genio miliardario, playboy e filantropo», ma colui che vuole giustizia e liberare il mondo dal male.

Tuttavia, possiamo notare come anche questa trasformazione, apparentemente benigna, sia ancora caratterizzata dal senso del dover essere a tutti i costi il migliore, alimentando in sé ancora di più rabbia verso un mondo che gli ha voltato le spalle troppo spesso e ansia per cercare di essere all’altezza di qualsiasi situazione.

 

Per concludere, possiamo notare come l’aver sperimentato emozioni negative in un’età critica come l’infanzia porti da adulti a distanziarsene il più possibile e di conseguenza al desiderio di non provarne più pur di non stare male. Ma tutta questa eccessiva prudenza ha a lungo termine dei costi elevatissimi, perché porta non solo Tony ma chiunque si rispecchi in lui a chiudersi sempre più in sé stesso e a costruirsi un’immagine di sé che non è altro che il risultato della paura così grande di soffrire.